martedì 3 luglio 2018

Dolore Cronico: un approccio basato sull’evidenza



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Nel paziente con dolore persistente e cronico l’obiettivo è il recupero della qualità di vita in un contesto di cronicità della malattia-dolore. Lo stesso termine “cronico” potrebbe essere
inappropriato per i pazienti che trattiamo. Il dolore che spesso trattiamo, e che impropriamente chiamiamo cronico, si caratterizza non per il tempo di insorgenza ma per il sovvertimento dell’apparato di percezione, cui recentemente è stato affiancato il concetto di sensibilizzazione centrale (Central Sensitization).

Cosa significa Sensibilizzazione Centrale?
Essa è definita come “un prolungato ma reversibile incremento nell’eccitabilità e nell’efficacia sinaptica del neurone nelle vie centrali del dolore dovuto ad uno stimolo nocicettivo” (Woolf, 2011) e distinta dal concetto di sensibilizzazione (periferica) quale reazione aumentata ad un input costante e continuo che avviene nei nocicettori periferici (Cervero, 2012).

Alcune patologie che si sono rivelate utili allo studio della sensibilizzazione centrale sono la
fibromialgia, l’osteoartrite, il dolore muscoloscheletrico con ipersensibilità generalizzata, la cefalea, la nevralgia temporomandibolare, il mal di denti, il dolore neuropatico, il dolore viscerale e quello post-chirurgico. La comorbidità di queste sindromi che si presenta in assenza di una infiammazione o lesione neuronale, le simili caratteristiche cliniche e la risposta agli analgesici che agiscono a livello centrale possono riflettere l’aspetto comune della sensibilizzazione centrale nella loro patofisiologia. Scoprire i fattori genetici ed ambientali che contribuiscono alla sensibilizzazione centrale, fino alla definizione di marker biologici, sarà altamente vantaggioso, perchè porterà ad ampliare le opzioni terapeutiche per prevenire o ridurre questa diffusa e indiscriminata forma di plasticità del dolore (Woolf, 2011).

Scale di Valutazione della Sensibilizzazione Centrale
La PCS, che la misura, è una scala clinica autosomministrabile di 13 item che valuta la ruminazione,l’ingigantimento ed il senso di impotenza rispetto al dolore (Sullivan et al. 1995) in Italia validata da Monticone, Vanti e colleghi (2012). Il Central Sensitization Inventory (CSI) è uno strumento di screening che aiuta ad identificare pazienti con Sindrome da Sensibilizzazione Centrale, che come abbiamo sopra descritto, è un fenomeno fisiologico in cui l’alterazione (dysregulation) nel sistema nervoso centrale causa un’alterazione neuronale e una ipereccitabilità, con conseguente ipersensibilità agli stimoli.

La catastrofizzazione e’ la tendenza a considerare in modo esageratamente negativo gli stimoli
nocivi ed insieme all’ansia è il costrutto che si è rivelato maggiormente capace di predire la cronicizzazione del dolore (Theunissen et al., 2012).

Quali percorsi intraprendere
Il paziente spesso intraprende una terapia riabilitativa, come continuazione del percorso di presa in carico. Eventualmente una consulenza dello psichiatra o dello psicologo possono aprire scenari di cura specifici personali o di gruppo quali terapia psicofarmacologica, psicoterapia, tecniche di rilassamento o Mindfulness; infatti i percorsi psicologici che accompagnano le cure mediche spesso si limitano a consulenze che sostengono l’accettazione dei propri nuovi limiti e permettono di recuperare aree di nuovo equilibrio e benessere, altre volte prevedono psicoterapie più complesse per la gestione di specifiche sofferenze che possono coinvolgere anche i familiari o la personalità dell’individuo in profondità.
Siamo consapevoli delle grandi resistenze che i pazienti possono presentare nell’intraprendere, ad esempio, il percorso psicoeducativo di gruppo, ed il medico si dovrà impegnare con particolare attenzione, nella presa in carico, alla motivazione del paziente al percorso ed alla necessità di attuare un corretto atteggiamento individuale per gestire efficacemente il dolore cronico.
Il follow up a 9 mesi, che abbiamo ritenuto evocativo di un percorso di “nascita” di un nuovo approccio alla malattia dolore, avviene attraverso la ri-somministrazione di alcuni test di valutazione multidimensionale del dolore (il PCS ed il CSI di primo screening del paziente, ma anche la NRS, il QUID ed eventuali altri test somministrati al paziente durante il percorso psicoeducativo).
La rivalutazione nel tempo ha lo scopo di valutare l’effetto della presa in carico del percorso “dolore cronico” indipendentemente dal percorso individuale che ogni paziente intraprenderà, e che può prevedere terapie psicologiche e/o fisioterapiche, a sostegno del nostro obiettivo principale: il recupero dell'autonomia del paziente.

sabato 16 giugno 2018

PREVENZIONE DELLE LESIONI AL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE, E' POSSIBILE?

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PREVENZIONE DELLE LESIONI AL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE, E' POSSIBILE?

Le lesioni del legamento crociato anteriore possono fermare una fiorente carriera sportiva o impedire a un giocatore di raggiungere il suo pieno potenziale, a volte possono rappresentare anche la fine della carriera di una carriera sportiva. Inoltre, l'infortunio al LCA ha un alto costo fisico, emotivo e finanziario per l'atleta e cosa molto triste è che un'alta percentuale di lesioni al LCA può essere prevenuta.
La ricerca scientifica afferma che una percentuale tra il 50-70% di lesioni al LCA può essere prevenuta con programmi di prevenzione o con programmi di allenamento neuromuscolare.

Cosa sono i programmi neuromuscolari?
Sono programmi studiati per migliorare la forza, la flessibilità, il controllo, l'equilibrio e la coordinazioe del paziente/atleta. Un tipico programma prevede una serie di esercizi che includa ciascuno dei componenti sopra citati, sono inoltre sport specifici.
I programmi sono generalmente utilizzati come attività di riscaldamento, durano tra i 15 e i 30 minuti e vengono generalmente implementati 2 volte a settimana e prima delle partite.

I programmi neuromuscolari più largamente ricercati sono il PEP e lo SPORTSMETRICS. Entrambi riducono il rischio di lesione del LCA, migliorano i test di performance, come il test di velocità, di agilità, di salto verticale, di forza degli addominali e di massima capacità aerobica.

Storicamente i programmi sono stati ideati e implementati per ridurre il rischio di lesioni al LCA, ma ciò che si sta evidenziato a livello scientifico è che tutti i tipi di lesioni al ginocchio (50%) e agli arti inferiori (22%) possono essere ridotti con l'implementazione di questi programmi. Nonostante questa evidenza, purtroppo gli incidenti si verificano ancora a un ritmo allarmante. La ragione di questo picco nel tasso di infortuni è senza dubbio multifattoriale, ma spesso allenatori, giocatori, genitori affermano di non avere tempo per portare avanti il programma di allenamento. Bastano 15-30 minuti in più per sessione e giocatori, allenatore e team raccoglieranno i frutti con tassi di infortunio più bassi, migliori prestazioni del giocatore, maggiore continuità del team e maggiore successo della squadra.

Cosa accade se non viene effettuato un programma specifico?
Nel caso in cui tutte queste informazioni utili cadano nel vuoto, ci sono certamente atleti "ad alto rischio" che dovrebbero essere identificati durante lo screening pre-stagionale, dovrebbero essere informati che condurre programmi settimanali di allenamento neuromuscolare durante la stagione è un importante fattore preventivo. Questi giocatori sono:
-      giovani di età compresa tra 14-18 anni;
-      maschi di età tra 19 e 25 anni;
(questi gruppi di età hanno la più alta incidenza di lesioni al LCA rispetto a qualsiasi altra fascia di età);
-      quelli con una storia passata di lesione del LCA: è ampiamente documentato in letteratura che la storia passata è un fattore che contribuisce al danno futuro. Inoltre, è stato riscontrato (in soggetti di età inferiore ai 18 anni al momento del danno primario) un tasso di fallimento del 12% al follow-up a 5 anni e il 10% di danno al LCA al lato opposto entro 5 anni;
-      gli atleti con storia attuale o pregressa di dolore all'articolazione femoro-rotulea: si pensa, infatti, che tale dolore sia un precursore del danno al LCA
-      quelli con una storia familiare di lesioni al LCA (madre o padre).

Inoltre, i fattori ormonali (rischio più elevato nella fase pre-ovulatoria) e i giocatori che stanno attraversando una fase di crescita devono essere monitorati regolarmente modificando l'allenamento riducendo, di conseguenza, durante la stagione pre-campionato e la stagione agonistica il rischio di lesione del LCA.
Dalla letteratura, le giovani donne sono costantemente identificate come un gruppo ad alto rischio, è fondamentale pertanto divulgare le conoscenze sulla prevenzione infortuni, per evitare recidive o nuovi infortuni al LCA.

FisioPro Correggio, il partner Vincente per la riabilitazione dello Sportivo

Bibliografia:
1. Donnell-Fink LA, Klara K, Collins JE, Yang HY, Goczalk MG, Katz JN, et al. Effectiveness of Knee Injury and Anterior Cruciate Ligament Tear Prevention Programs: A Meta-Analysis. PloS one. 2015;10(12):e0144063. PubMed PMID: 26637173. Pubmed Central PMCID: PMC4670212. Epub 2015/12/05. eng.
2. Gagnier JJ, Morgenstern H, Chess L. Interventions designed to prevent anterior cruciate ligament injuries in adolescents and adults: a systematic review and meta-analysis. The American journal of sports medicine. 2013 Aug;41(8):1952-62. PubMed PMID: 22972854. Epub 2012/09/14. eng.
3. Taylor JB, Waxman JP, Richter SJ, Shultz SJ. Evaluation of the effectiveness of anterior cruciate ligament injury prevention programme training components: a systematic review and meta-analysis. British journal of sports medicine. 2015 Jan;49(2):79-87. PubMed PMID: 23922282. Epub 2013/08/08. eng.
4. Noyes FR, Barber Westin SD. Anterior cruciate ligament injury prevention training in female athletes: a systematic review of injury reduction and results of athletic performance tests. Sports health. 2012 Jan;4(1):36-46. PubMed PMID: 23016067. Pubmed Central PMCID: PMC3435901. Epub 2012/09/28. eng.
5. Finch CF, Twomey DM, Fortington LV, Doyle TL, Elliott BC, Akram M, et al. Preventing Australian football injuries with a targeted neuromuscular control exercise programme: comparative injury rates from a training intervention delivered in a clustered randomised controlled trial. Injury prevention : journal of the International Society for Child and Adolescent Injury Prevention. 2016 Apr;22(2):123-8. PubMed PMID: 26399611. Pubmed Central PMCID: PMC4819647. Epub 2015/09/25. eng.
6. Finch CF, Kemp JL, Clapperton AJ. The incidence and burden of hospital-treated sports-related injury in people aged 15+ years in Victoria, Australia, 2004-2010: a future epidemic of osteoarthritis? Osteoarthritis and cartilage / OARS, Osteoarthritis Research Society. 2015 Jul;23(7):1138-43. PubMed PMID: 25749009. Epub 2015/03/10. eng.
7. Swart E, Redler L, Fabricant PD, Mandelbaum BR, Ahmad CS, Wang YC. Prevention and screening programs for anterior cruciate ligament injuries in young athletes: a cost-effectiveness analysis. J Bone Joint Surg Am. 2014 May 7;96(9):705-11. PubMed PMID: 24806006. Pubmed Central PMCID: PMC4001460. Epub 2014/05/09. eng.
8. Sanders TL, Maradit Kremers H, Bryan AJ, Larson DR, Dahm DL, Levy BA, et al. Incidence of Anterior Cruciate Ligament Tears and Reconstruction: A 21-Year Population-Based Study. The American journal of sports medicine. 2016 Jun;44(6):1502-7. PubMed PMID: 26920430. Epub 2016/02/28. eng.
9. Morgan MD, Salmon LJ, Waller A, Roe JP, Pinczewski LA. Fifteen-Year Survival of Endoscopic Anterior Cruciate Ligament Reconstruction in Patients Aged 18 Years and Younger. The American journal of sports medicine. 2016 Feb;44(2):384-92. PubMed PMID: 26759030. Epub 2016/01/14. eng.
10. Myer GD, Ford KR, Di Stasi SL, Foss KD, Micheli LJ, Hewett TE. High knee abduction moments are common risk factors for patellofemoral pain (PFP) and anterior cruciate ligament (ACL) injury in girls: is PFP itself a predictor for subsequent ACL injury? British journal of sports medicine. 2015 Jan;49(2):118-22. PubMed PMID: 24687011. Pubmed Central PMCID: PMC4182160. Epub 2014/04/02. eng.
11. Smith HC, Vacek P, Johnson RJ, Slauterbeck JR, Hashemi J, Shultz S, et al. Risk factors for anterior cruciate ligament injury: a review of the literature-part 2: hormonal, genetic, cognitive function, previous injury, and extrinsic risk factors. Sports health. 2012 Mar;4(2):155-61. PubMed PMID: 23016083. Pubmed Central PMCID: PMC3435909. Epub 2012/09/28. eng.
12. Wild CY, Steele JR, Munro BJ. Why do girls sustain more anterior cruciate ligament injuries than boys?: a review of the changes in estrogen and musculoskeletal structure and function during puberty. Sports medicine (Auckland, NZ). 2012 Sep 1;42(9):733-49. PubMed PMID: 22784194. Epub 2012/07/13. eng.
13. Hewett TE, Zazulak BT, Myer GD. Effects of the menstrual cycle on anterior cruciate ligament injury risk: a systematic review. The American journal of sports medicine. 2007 Apr;35(4):659-68. PubMed PMID: 17293469. Epub 2007/02/13. eng.
14. Wild CY, Munro BJ, Steele JR. How Young Girls Change Their Landing Technique Throughout the Adolescent Growth Spurt. The American journal of sports medicine. 2016 May;44(5):1116-23. PubMed PMID: 26912286. Epub 2016/02/26. eng.

lunedì 4 giugno 2018

Verso un quadro clinico integrato per pazienti con dolore alla spalla

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Verso un quadro clinico integrato
per pazienti con dolore alla spalla

Il dolore alla spalla è una condizione muscoloscheletrica comune che influisce negativamente sulla funzione dell’intero arto superiore, coinvolgendo dal 7 al 26% della popolazione, aumentando con l’età. Il sintomo descritto è “dolore fastidioso”.
Questo articolo si pone come scopi:
1. descrivere la ragione dell’attuale caos diagnostico
2. presentare le nuove proposte diagnostiche descritte in letteratura
3. integrare le singole proposte in un quadro completo, al fine di aiutare i fisioterapisti nella presa in carico del paziente.

E’ valido l’attuale processo di diagnosi di dolore alla spalla?
L’attuale valutazione del paziente si basa su vari fattori: anamnesi del paziente, stato psicosociale, dolore. Oltre a questi fattori si aggiungono i test clinici, per identificare le strutture anatomiche coinvolte secondo i sintomi del paziente.
Nella pratica clinica, l'imaging diagnostico è considerato svolgere un ruolo essenziale nella valutazione dei pazienti con disturbi  muscolo-scheletrici. Lenza et al. ha affermato che la risonanza magnetica e l’ecografia sono utili strumenti per identificare le grandi lacerazioni della cuffia dei rotatori. Le prestazioni diagnostiche dell'imaging diminuiscono in linea con la riduzione della dimensione della lesione.
Alcuni studi osservazionali confermare questa prospettiva: Girish ha dichiarato che fino a 2/3 delle persone con una lesione della cuffia dei rotatori sono asintomatiche e le lacerazioni della cuffia dei rotatori sono comuni nella popolazioni sintomatica e asintomatica.

Processo di Valutazione
La mancanza di affidabilità dei test clinici e l'utilità limitata dell’imaging diagnostico ha portato alcuni autori a suggerire l'integrazione di diverse strategie di valutazione, più pragmatiche e focalizzate sui risultati della valutazione funzionale. Si è tentato di superare i limiti della classificazione esclusivamente meccanicistica, creando una struttura per la valutazione e il trattamento del dolore di spalla che integri e includa gli aspetti presi in esame in a prospettiva bio-psicosociale, tali aspetti sono Anamnesi, valutazione, triage e trattamento.

ANAMNESI-→ elemento determinante per la valutazione del paziente con disturbi muscoloscheletrici.
- caratteristiche dei sintomi-→  Informazioni specifiche relative a disturbi e sintomi del dolore devono essere studiati durante il colloquio con il paziente: insorgenza, qualità, comportamento 24 h, localizzazione, fattori attenuanti e aggravanti, presenza di red flags. Inoltre, l'identificazione del meccanismo del dolore  del paziente potrebbe aiutare i fisioterapisti a migliorare e gestire la SP e mirare in modo più adeguato al trattamento.
- Durante l'anamnesi, è essenziale indagare l’aspettativa, le preferenze e la presenza di fattori psicosociali (bandiere gialle) del paziente per guidare le successive migliori decisioni di trattamento e ridurre il rischio del paziente  a sviluppare disabilità a lungo termine.
- Inoltre, la predominanza di specifici fattori psicologici quali elementi personali e ambientali, deve essere analizzata (cattiva salute generale percepita, evitamento dell'attività per paura del dolore e del danno, bassa soddisfazione lavorativa, maggiore indice di massa corporea, scarso sostegno sociale, problemi personali: alcol, finanze, coniuge).



VALUTAZIONE FISICA
La valutazione fisica è costituita da: motilità  attiva e passiva della spalla e movimenti della colonna vertebrale cervicale, valutazione del ROM articolare e forza dei muscoli della spalla.
La Valutazione fisica dovrebbe esplorare i movimenti del paziente,  provocatori di dolore. La valutazione fisica ha anche lo scopo di confermare la presenza di segni di sensibilizzazione centrale (CS) sospettati durante anamnesi, come gonfiore, debolezza o rigidità del segmento interessato, mancanza di corrispondenza tra movimenti specifici e dolore.

Il fisioterapista dovrebbe escludere le Red Flags, quindi distinguere i pazienti, classificabili come dolore specifico alla spalla, con segni e sintomi muscoloscheletrici di disfunzione per la quale è necessario il rinvio a una valutazione ortopedica prima di stabilire a trattamento fisioterapico.

DOLORE NON SPECIFICO ALLA SPALLA
In tale dolore sarebbe opportuno trattare pazienti  attraverso: educazione, de-sensibilizzazione e gestione del carico. Educazione: importante informare i pazienti sulla loro condizione clinica, evitando un'eccessiva terminologia biomedica.
In presenza di un'alta predominanza di bandiere gialle, il paziente deve essere monitorato e istruito, modificando eventuali condizioni disfunzionali e aspettative sovrastimate.


Limitazioni
Diverse limitazioni hanno colpito questo lavoro: 
1) si basa sull’opinione di un esperto
2) è stato creato senza un consenso internazionale metodologico 
3) la selezione di articoli pertinenti era basata sulla revisione della letteratura rispetto ad una revisione sistematica; 

Conclusioni
L'integrazione di vari approcci nella clinica potrebbe aiutare ad orientare i fisioterapisti verso un approccio più bio-psicosociale e pragmatico. In futuro, il dolore di spalla non specifico e le sue peculiarità dovrebbero essere prese in carico in studi di ricerca diagnostica e prognostica.

Fonte:
Towards an integrated clinical framework for patient with shoulder pain
Diego Ristori1,7, Simone Miele2,7, Giacomo Rossettini3,7, Erica Monaldi4,7, Diego Arceri5,7 and Marco Testa6,7*

domenica 27 maggio 2018

ALLENAMENTO ISOINERZIALE (DESMOTEC) PER LA CURA DELLA TENDINOPATIA ACHILLEA

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ALLENAMENTO ISOINERZIALE (DESMOTEC) PER LA CURA DELLA TENDINOPATIA ACHILLEA



IL TENDINE D'ACHILLE
Le lesioni da sovraccarico al tendine dAchille sono considerate uno dei più comuni disturbi nelle performance sportive amatoriali e professionali. Nella corsa il tendine d'Achille è sovraccaricato ripetutamente con un carico 3/5 volte il peso corporeo. Evidenze scientifiche sempre maggiori mostrano come la tendinopatia sia il risultato di un fallimentare adattamento al carico.
Sono stati riportati cambiamenti nella meccanica del tendine dopo una serie di esercizi specifici.

QUALI ESERCIZI?
L'esercizio eccentrico in particolare è stato uno degli esercizi più analizzati poiché di solito è utilizzato per il trattamento e la prevenzione della tendinopatia achillea. La maggiore performance eccentrica per il tendine d'Achille si ha nell'esercizio heel-drop. Gli squat sono comunemente utilizzati nel trattamento e nell'allenamento e protocolli di allenamento con squat eccentrici sono i più largamente utilizzati nel trattamento della tendinopatia rotulea, con risultati evidenti dopo 12-15 settimane.

SCOPO DELLO STUDIO
Determinare l'effetto di un allenamento di squat eccentrico sul tendine d'Achille durante la corsa.
Partecipanti divisi in due gruppi: 1 gruppo di controllo, 1 gruppo di esercizi eccentrici. I partecipanti nel gruppo di esercizi hanno effettuato allenamenti per 6 settimane (2 volte al giorno: 4 serie da 7 ripetizioni, 2 min. Di riposo) attraverso un macchinario isoinerziale. Tutti i partecipanti hanno inoltre effettuato un'ora di corsa al giorno per tre giorni consecutivi. Un'ecografo è stato utlizzato per valutare cambiamenti nei tessuti prima/dopo gli esercizi eccentrici e durante la corsa.

RISULTATI
Il risultato principale di questo studio è stato che l'allenamento con quat eccentrico ha fornito adattamenti, aumentando la porzione centrale ed inserzionale del tendine. Inoltre, questi adattamenti non hanno apportato un cambiamento significativo nei tessuti  rispetto al gruppo CONT, ma è stato evidenziata una percentuale più alta di neovasi dopo il terzo giorno di running in soggetti che avevano precedentemente eseguito un allenamento eccentrico, se confrontato con il gruppo CONT. 
In conclusione, questo studio dimostra che l'allenamento in squat potrebbe svolgere un ruolo nel fornire adattamenti nell'area di sezione trasversale del tendine d'Achille rispetto ad altri allenamenti eccentrici senza una fase di carico.


ULTRASOUND CHANGES IN ACHILLES TENDON AND GASTROCNEMIUS MEDIALIS MUSCLE ON SQUAT ECCENTRIC OVERLOAD AND RUNNING PERFORMANCE
FERNANDO SANZ-LO ´ PEZ,1 CE ´ SAR BERZOSA,1 FIDEL HITA-CONTRERAS,2,3 DAVID CRUZ-DIAZ,2,3 AND ANTONIO MARTI´NEZ-AMAT 2,3
1ValorA Research Group, Health Sciences Faculty, Universidad San Jorge, Zaragoza, Spain; 2Department of Health Sciences, Faculty of Health Sciences, University of Jae´n, Jae´n, Spain; and 3Research Group CTS-026 “Study Group on Physical Activity, Physiotherapy and Health”, Jae´n, Spain

martedì 22 maggio 2018

SEGNI E SINTOMI DI TENDINOPATIA ACHILLEA


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SEGNI E SINTOMI DI TENDINOPATIA ACHILLEA
  1. TENDINOPATIA DI UNA PORZIONE DEL TENDINE
Il sintomo tipico è dolore localizzato al tendine d’Achille, esacerbato con l’attività, peggiore al mattino ma che migliora dopo appena 5-10 minuti. E’ spesso causato da un sovraccarico dato da attività quali cammino/corsa.
L’ecografia non è particolarmente utile ai fini diagnostici, ma se il dolore è presente alla palpazione in posizione di riposo è probabilmente un dolore riferito al tendine rispetto ad un dolore di tessuti circostanti.


  1. TENDINOPATIA INSERZIONALE
La differenza principale rispetto alla precedente è rappresentata dal sito del dolore, che si presenta a livello distale dell’inserzione del tendine d’Achille (o a livello della tuberosità superiore del calcagno o a livello distale del calcagno). Il comportamento del dolore è simile: rigidità mattutina e miglioramento con il movimento.


  1. BORSA RETROCALCANEARE
I sintomi dolorosi dovuti alla borsa retrocalcaneare possono presentarsi esattamente nella stessa posizione della tendinopatia inserzionale, anche se possono essere più diffusi. La differenza consiste nel dolore irritativo e in sintomi in attività di basso carico (attività in punta di piedi…) e stretching.
Questi sintomi possono essere presenti anche nella tendinopatia inserzionale, reattiva o irritativa e in questo l’ecografia può essere molto utile per differenziare la diagnosi, così come la palpazione. Se è presente un versamento o un ispessimento della borsa alle immagini ecografiche, è probabile che tali fattori siano generatori di dolore e pertanto è opportuno trattarli (la presenza di un piccolo versamento di liquido è comunque presente nella maggioranza della popolazione).
Trattare la borsa appare prioritario sopra e sotto in tendine.

  1. INFIAMMAZIONE DEL PARATENONIO
Spesso si presenta con dolore reattivo o irritativo che permane per giorni dopo l’attività e può essere maggiormente doloroso con attività a basso carico. Spesso il paziente localizza il dolore a livello mediale o laterale del tendine d’Achille che non è tipico della tendinopatia di una parte del tendine. Quando il dolore è localizzato sulla parte mediale può esserci qualche sospetto di infiammazione del tendine plantare.
L’ecografia è in questo caso uno strumento eccellente per riscontrare anomalie del tendine plantare vs versamento a livello del paratenonio vs anomalie di una porzione dell’Achille.

  1. TENDINE PLANTARE
Dolore a livello del tendine plantare stesso o irritazione/compressione a livello della porzione mediale del tendine d’Achille dal tendine plantare. Il dolore al tendine plantare non è molto comune, è un dolore che riguarda un sito specifico a livello mediale dell’inserzione del tendine d’Achille. I sintomi possono comparire ad inizio o fine range in dorsi flessione dalla compressione del tendine. Può essere associato con una maggiore
pronazione del piede in dinamica.

  1. LACERAZIONE PARZIALE
Segni:
  • trauma che il paziente ricordi e sappia descrivere nel dettaglio
  • Dolore acuto post trauma
  • Perdita acuta di forza

  1. SOLEO
Dolore intorno al tendine D’Achille e, ad un’attenta ispezione, in profondità. E’ molto raro. Il principale segno diagnostico differenziale è che il dolore peggiora con l'attività e non migliora con l'attività, simile alla sindrome compartimentale.

  1. CUSCINETTO ADIPOSO
I sintomi spesso riguardano la compressione in dorsi flessione, spesso in presenza di un’asintomatica rigidità tendinea o un tendine plantare anomalo. Di solito è il cuscinetto adiposo intorno alla porzione prossimale / media del Achille che è interessato, piuttosto che più distalmente. Il dolore può essere diffuso, solo mediale e laterale o mediale. La diagnosi è sempre clinica e basata sulla palpazione differenziale del cuscinetto adiposo e del tendine - semplice ma spesso mancata!


Achilles tendon differential diagnosis, with Peter Malliaras & Carly Johnson, Published 07/04/2014





lunedì 7 maggio 2018

MAL DI SCHIENA CRONICO NEI RUNNER...Quali esercizi terapeutici?

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MAL DI SCHIENA CRONICO NEI RUNNER...Quali esercizi terapeutici?


La prevalenza di dolore cronico al rachide nei runners amatoriali è riportato nel 13,6% negli Stati Uniti. Studi scientifici hanno valutato l'effetto di esercizi a stabilizzatori ed estensori lombari, altri invece associavano il dolore cronico del rachide a debolezza muscolare, come l'inibizione degli estensori del ginocchio e la riduzione dell'attivazione degli estensori d'anca. Gli autori hanno ipotizzato che la debolezza dei muscoli del ginocchio ridurrebbe la capacità di assorbimento dello shock al piede, trasmettendo maggiori forze al rachide lombare durante la corsa.

Questo studio è stato condotto per valutare l’efficacia del trattamento del mal di schiena cronico nei corridori amatoriali, comparando  l'efficacia di un protocollo di esercizi agli arti inferiori rispetto ad esercizi convenzionali di rinforzo ad estensori e stabilizzatori lombari, poiché attualmente non esiste un protocollo di trattamento specifico per tale problematica.

Sono stati selezionati 84 runner amatoriali e divisi in 3 gruppi di trattamento: 1. esercizi agli arti inferiori (esercizi di resistenza per la muscolatura di ginocchio e anca, LL group), 2. esercizi per estensori lombari (programma di esercizi di rinforzo degli estensori lombari, LE group), 3. esercizi per stabilizzatori lombari (esercizi di attivazione isometrica dei muscoli stabilizzatori lombari ed esercizi di controllo motorio, LS group) per un periodo di 8 settimane.

Gli obiettivi valutati includevano il dolore percepito, la capacità di corsa, la forza agli arti inferiori, la funzionalità dei muscoli del rachide e il ciclo di corsa. I pazienti sono stati valutati nel periodo pre intervento, a 4 sedute e a fine intervento, successivamente valutati a 3 e 6 mesi di follow up.

Sulla scala funzionale utilizzata (Patient specific functional scale) vi è stato un incremento del punteggio nel gruppo che ha effettuato esercizi agli arti inferiori (LL group), rispetto al gruppo di rinforzo estensori lombari (LE group) e rinforzo stabilizzatori lombari (LS group). Tutti e tre i gruppi sono migliorati nella percezione del dolore. La forza di estensione del ginocchio, poi, era nuovamente incrementata nell’LL group rispetto agli altri due gruppi di trattamento.

LL group ha mostrato un incremento nella lunghezza del passo nella corsa rispetto agli altri, ma tutti e tre hanno mostrato un miglioramento similare nella funzionalità dei muscoli del rachide.

Gli esercizi agli arti inferiori potrebbero rappresentare una nuova opzione nel trattamento della lombalgia cronica dei runner amatoriali, andando a migliorare la capacità di corsa, la forza di estensione del ginocchio e il ciclo della corsa.

Per info e contatti:
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Fonte: Comparison of Lower Limb and Back Exercises for Runners with Chronic Low Back Pain.


lunedì 2 aprile 2018

La cisti di Baker

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La cisti di Baker


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Introduzione

Una cisti di Baker, nota anche come cisti poplitea, è una sacca piena di liquido che si può formare dietro il ginocchio a seguito del rigonfiamento della borsa sinoviale del gastrocnemio-semimembranoso. Negli adulti, le cisti di Baker tendono a comunicare con lo spazio articolare del ginocchio e si manifestano principalmente a causa di un danno articolare o di malattie articolari degenerative o infiammatorie. Nei bambini, tendono a presentarsi più frequentemente come processi primari, che si formano direttamente dalla borsa del gastrocnemio-semimembranoso senza comunicazione con lo spazio articolare (a meno che non si presenti come una complicanza di artrite infiammatoria o di una lesione).

Eziologia

Le cisti di Baker si incontrano più frequentemente negli adulti con una storia di trauma (es. una lesione cartilaginea o le lesioni del menisco, o più in generale le lesioni al ginocchio) o una malattia articolare coesistente (ad es. Osteoartrite, artrite reumatoide, artrite infettiva, sinovite villonodulare pigmentata, sofferenze meniscali). Si formano come risultato dell’accumulo di liquido sinoviale nella borsa del gastrocnemio-semimembranoso, che si trova tra i muscoli gastrocnemio e semimembranoso sul lato mediale della fossa poplitea, appena sotto la piega che si trova posteriormente al ginocchio.

Epidemiologia

Le cisti di Baker tendono a manifestarsi più comunemente negli adulti tra i 35 ei 70 anni e il più delle volte sono associate a malattie infiammatorie articolari come l’artrite reumatoide, l’artrosi o a causa di un uso eccessivo o di lesioni al ginocchio. Poiché sono asintomatiche, le cisti di Baker vengono spesso rilevate casualmente su esami fisici o studi di imaging (ad es., risonanza magnetica in un adulto con sospetta osteoartrosi o anomalie interne del ginocchio). La prevalenza aumenta tipicamente con l’età, molto probabilmente a causa dell’aumento della comunicazione delle strutture del ginocchio, con l’età.
Nei bambini, le cisti di Baker tendono a verificarsi più frequentemente in quelli di età compresa tra i 4 e i 7 anni.

Fisiopatologia

La formazione e il mantenimento delle cisti di Baker possono avvenire attraverso una serie di meccanismi, tra cui
  1. comunicazione della cisti con l’articolazione,
  2. sequestro del liquido sinoviale nella fossa poplitea a causa di un effetto valvolare tra lo spazio articolare e la cisti (controllato dal muscolo gastrocnemio-semimembranoso con flessione ed estensione del ginocchio),
  3. pressione del ginocchio intra-articolare negativa durante la flessione parziale combinata con una pressione positiva durante l’estensione (come conseguenza di dirigere il flusso del fluido verso la cisti dalla borsa soprapatellare durante la flessione);
  4. distensione della borsa del gastrocnemio-semimembranoso risultante da piccoli traumi alla borsa con contrazioni muscolari,
  5. ernia della capsula articolare nella fossa poplitea.

Storia e fisica

La presenza di una cisti di Baker può essere associata a una sensazione di oppressione, disagio o dolore dietro il ginocchio. Il gonfiore può essere più evidente quando il paziente è in piena estensione di ginocchio. Il gonfiore tende a ridursi o scomparire quando il ginocchio è flesso a 45 gradi (il segno di Foucher si verifica a causa del sollievo della tensione sulla cisti). Il dolore spesso peggiora con l’aumento dell’attività e può inibire la piena flessione o l’estensione di ginocchio.
Quando la cisti di Baker si allarga, può comprimere i vasi circostanti, causando un edema degli arti inferiori a causa dell’ostruzione venosa. Se la cisti inizia ad ingrossarsi nel muscolo tricipite surale, anche questo può provocare gonfiore, eritema, edema distale e un segno positivo di Homan – simile a quello che ci si aspetterebbe di vedere in un paziente che presenta tromboflebite o una trombosi venosa profonda (TVP).
La cisti di Baker può rompersi se, a causa del rapido accumulo di liquido, la pressione all’interno del sacco diventa troppo alta. Quando il fluido viene rilasciato nei tessuti circostanti, può provocare un’infiammazione che può quindi provocare sintomi simili a quelli che verrebbero sperimentati con tromboflebiti nel polpaccio. I sintomi possono includere dolore acuto al ginocchio e al polpaccio, gonfiore o eritema del polpaccio e una sensazione che sembra acqua che scorre lungo il polpaccio. Inoltre, raramente la tromboflebite può risultare come una complicazione di una cisti di Baker sporgente o rotta.
La rottura della cisti può anche portare a ulteriori complicazioni e sintomi associati. Questi possono includere:
(1) intrappolamento del nervo tibiale posteriore (es., Intorpidimento plantare posteriore e dolore al polpaccio),
(2) occlusione dell’arteria poplitea (ad es. Edema degli arti inferiori) e
(3) neuropatia anteriore (es. Caduta del piede e edema della gamba anterolaterale) o posteriore (es. disaresia plantare, debolezza delle dita dei piedi, gonfiore del polpaccio e dolore con sindrome da estensione passiva).

Valutazione

La cisti di Baker viene tipicamente diagnosticata avendo il paziente in piedi e allungando il ginocchio; questo momento è quando la massa dovrebbe essere più prominente. Quando il ginocchio è flesso a 45 gradi, la massa spesso si ammorbidisce o scompare completamente (ad esempio, con il segno di Foucher) a causa del sollievo della tensione all’interno della cisti. Il paziente deve anche essere esaminato in posizione supina, in cui il ginocchio viene passivamente spostato dall’estensione completa ad almeno 90 gradi di flessione, per garantire un esame adeguato dell’articolazione del ginocchio.
Se una cisti di Baker si trova più lateralmente o non vengono apportate modifiche nella cisti quando il ginocchio viene esaminato in una gamma completa di movimento, può essere difficile concludere una diagnosi di cisti di Baker attraverso l’esame obiettivo da solo, specialmente in un contesto di non precedente storia di patologia del ginocchio.
Se questo è il caso, e una diagnosi di Cisti di Baker rimane incerta, l’imaging dovrebbe essere eseguito. Questo include radiografia normale ed ecografia, seguita da risonanza magnetica, soprattutto se si considera un intervento chirurgico.

Trattamento / Gestione

Il trattamento di solito non è necessario per una cisti di Baker a meno che il paziente non sia sintomatico. L’escissione chirurgica (artroscopia) o l’aspirazione della cisti possono essere eseguite in casi più gravi, oppure al paziente può essere somministrata un’iniezione di corticosteroide per ridurre l’infiammazione. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, il riposo, l’elevazione e l’evitamento di un’attività faticosa sono tutto ciò che è necessario fino a quando la cisti si risolve automaticamente nel tempo.
È importante trattare il disturbo articolare sottostante, se esiste, in tutti i pazienti con cisti sintomatiche di Baker. Ciò contribuirà a ridurre l’accumulo di liquido sinoviale e l’allargamento della cisti.

Altri problemi

È importante escludere altri possibili disturbi che possono simulare molte delle principali caratteristiche cliniche della cisti di Baker. Questi includono trombosi venosa profonda (TVP), masse cistiche (ad esempio, cisti sinoviali o gangliari), masse solide, (ad esempio sarcomi e linfomi) e aneurismi dell’arteria poplitea. Data la potenziale complicazione della pseudotromboflebite (ad es. Gonfiore, calore, dolorabilità e segno positivo dell’Homan) causata dalla cisti di Baker quando notevolmente allargata, sezionata o rotta), è particolarmente importante distinguere questo risultato da una vera TVP che potrebbe presentarsi con sintomi simili.
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