sabato 24 marzo 2018

SOFFRI DI CERVICALE?

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SOFFRI DI CERVICALE?

disordini o disturbi cervicali sono tra i problemi muscolo-scheletrici più diffusi al mondo. Interessano qualsiasi età e sia uomini che donne.
Quante volte avrete detto o sentito dire: “C’ho la cervicale!”?
“Per forza e per fortuna” ci sarebbe da rispondere, ma in realtà questa è la famosa e popolare espressione usata inconsapevolmente per dire che si hanno dolori o altri sintomi cervicali.
sintomi della cervicale variano molto e son sempre molto soggettivi. Comunemente includono: rigidità nei movimenti della testa e del collo, “rumori” (“scricchiolii”), dolenzia diffusa o dolori e altre sensazioni irradiati o proiettati lungo le braccia o alle mani.

I  sintomi della cervicale” possono essere un leggero fastidio di sottofondo, un indolenzimento vago e “noioso”, oppure una fitta lancinante che limita o impedisce proprio alcuni movimenti. Oppure si possono sperimentare sensazioni come formicolii, calore, freddo, più sensibilità o meno sensibilità al tatto in una particolare area.
A volte il dolore è localizzato in un punto preciso e piccolo e va via da solo dopo qualche giorno oppure coinvolge una zona corporea più ampia.
Magari queste sensazioni scendono dal collo fino alle scapole e ci mettono settimane per ridursi o sparire. Questi sintomi possono essere saltuari, un giorno si e uno no, oppure essere costanti con comprissione delle attività quotidiane o del lavoro. La loro intensità dipende dalla forza e durata degli stimoli irritativi ma anche e soprattutto dalle tue esperienze precedenti e dalla tua “sensibilità”.
SINTOMI COMUNI DEI DISTURBI CERVICALI
I sintomi o segni cervicali più comuni associati tra loro o indipendenti sono:
  • Rigidità e limitazione nei movimenti: indolenzimento generale, tensione muscolare sulle spalle, difficoltà a muovere in modo fluido il collo, limitazione in particolare dei movimenti di rotazione come per guardare dietro per fare marcia indietro con l’auto oppure guardare in alto;
  • Fitta acuta: questo sintomo così avvertito di solito si concentra in un punto e il paziente può avere la percezione di una vera e propria coltellata o qualcosa di pungente, trafittivo. Tipica è la situazione del Torcicollo o blocco cervicale acuto.
  • Malessere o indolenzimento generale: i sintomi sono più vaghi e diffusi, coinvolgono un po’ tutto il collo e le spalle, c’è una sensazione di tensione generale, viene voglia di massaggiare la parte.
  • Dolore irradiato: il dolore può essere seguire il decorso di un nervo e irradiarsi dal collo fino al braccio e alla mano con percezioni di tipo bruciore, formicolio, intorpidimento. L’intensità varia individualmente e il problema è del nervo stesso. Può accompagnarsi perdita di forza e altre sensazioni anomale.
  • Dolore riferito o proiettato: i sintomi sono tipo calore, pressione, fitte pulsanti, dolore profondo, possono essere percepiti sulla testa o sul cranio ma sono il riflesso di disturbi a livello cervicale. Possono essere confusi con il dolore irradiato se non si applicano test specifici. Il problema in questo caso è spesso di tipo articolare o muscolare e molto diffuso nei mal di testa.
  • Formicolio, intorpidimento, debolezza nell’afferrare o sollevare oggetti, “aghi e spilli”: Queste percezioni sono tipiche sia del dolore irradiato che riferito e vanno esaminati con test particolari.
  • Mal di testa o Cefalee. L’irritazione di muscoli, nervi e articolazioni cervicali può dare sintomi alla testa attraverso connessioni nervose comuni. In caso di cefalea tensiva , nevralgia occipitale, cefalea cervicogenica, emicrania  va sempre valutata la funzionalità cervicale e/o mandibolare con una visita specialistica
INSORGENZA DEI SINTOMI
Il dolore cervicale generalmente si sviluppa in uno dei seguenti modi:
  1. In modo lento e graduale nel tempo. Può iniziare come un leggero fastidio che si manifesta ogni tanto o magari solo a fine giornata. Ma può continuare a crescere e peggiorare.
  2. Subito dopo un trauma o incidente. Per esempio può iniziare dopo un incidente in bici o un allenamento nuovo o più intenso, oppure magari dopo aver dormito in una posizione forzata o aver passato del tempo a leggere seduti.
  3. Reazione post-trauma. I dolori o altre sensazioni cervicali post trauma – ad esempio  dopo un’incidente stradale – possono cominciare dopo alcuni giorni dall’evento e peggiorare progressivamente e velocemente a seguire.
  4. Improvvisamente senza precedenti. A volte – e forse sono le peggiori – il dolore cervicale può cominciare dal nulla, nel bel mezzo di una giornata normale senza una ragione precisa.
I sintomi possono essere costanti o andare via velocemente o andare e venire in modo intermittente. Alcune attività o movimenti anche semplici tipo soffiarsi il naso o tossire, possono peggiorarlo.
In ogni caso, per una valutazione accurata e precisa rivolgiti il prima possibile a un fisioterapista specializzato che in sinergia col medico saprà indicarti subito il percorso migliore e più veloce per superare questi disturbi!

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Fonte: http://www.fisioterapia-massa.it/cervicale-segni-e-sintomi/

martedì 20 marzo 2018

COME COMBATTERE IL DOLORE CRONICO ALLA SCHIENA?

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COME COMBATTERE IL DOLORE CRONICO ALLA SCHIENA?

Le mobilizzazioni e le manipolazioni sono largamente utilizzate per migliorare la sintomatologia dei pazienti con dolore cronico alla schiena. Rimangono tuttavia domande sulla loro efficacia, sul dosaggio, la sicurezza e come tali approcci sono così largamente utilizzati.

Scopo: Questo studio ha come scopo il determinare l’efficacia e la sicurezza di varie manovre di mobilizzazione e manipolazione per il trattamento del dolore cronico al rachide.

La prevalenza di dolore alla schiena nella popolazione degli Stati Uniti è stimata nell'84%.
La prevalenza di dolore CRONICO alla schiena raggiungerebbe il 23%, causando disabilità nell'11-12% della popolazione. Una recente revisione della letteratura che prende in esame il dolore alla schiena idiopatico (senza cause apparenti), ha rilevato che nei primi 3 mesi il 33% dei pazienti mostra un recupero, ma dopo 1 anno dalla fase acuta il 65% riporta dolore.
A causa dei rischi potenziali o apparenti associati, l'approccio non farmacologico sta diventando popolare. Studi degli ultimi anni hanno esplorato le evidenze del trattamento del dolore cronico alla schiena, tra cui: manipolazioni spinali, educazione posturale al paziente, esercizio terapeutico, stimolazioni nervose transcutanee, laser terapia, yoga. Le modalità manuali come la fisioterapia, l'osteopatia, incluse manipolazioni e mobilizzazioni del rachide, sono spesso utilizzate insieme o da sole per trattare il dolore idiopatico cronico al rachide. Recenti studi suggeriscono, inoltre, che le manipolazioni e mobilizzazioni del rachide sono valide opzioni per il trattamento del dolore. L'efficace di tali trattamenti dipende da vari fattori come durata dei sintomi, come il trattamento è portato avanti, gli obiettivi riportati. I trattamento manuali risultano comunque più efficaci rispetto ad altre terapie.

METODI
Criteri di inclusione: popolazione con dolore al rachide di origine idiopatica; intervento che prevedeva il coinvolgimento di un fisioterapista che praticava manipolazioni e/o mobilizzazioni del rachide; trattamento comparato a trattamento placebo/no trattamento/fisioterapia/terapia fisica;
età > 18 aa; utilizzo di una scala di valutazione del dolore come la VAS.

RISULTATI
L'età media dei partecipanti allo studio si aggirava intorno ai 42 anni (29-59 aa), con maggiore incidenza nelle femmine rispetto ai maschi.
La maggior parte degli interventi combinati con trust (manipolazioni)/non trust, consisteva in esercizi. Erano poi inclusi anche stretching, massaggi, educazione terapeutica, laser terapia.
Sono stati evidenziati riduzione del dolore e della disabilità nella maggior parte degli studi utilizzando metodica trust/non trust rispetto ad una semplice attività fisica.

DISCUSSIONE
Le mobilizzazioni e le manipolazioni sono apparse metodiche sicure. Una piccola percentuale di studi sembra dimostrare una maggiore efficace delle manipolazioni per i pazienti con dolore cronico al rachide, con una durata del dolore di 3 mesi o più. Questo effetto sembra aumentare a 3 e 6 mesi di follow up nella riduzione del dolore rispetto ad altre attività. Le manipolazioni sembrano anche ridurre la disabilità.
Se parliamo invece di dolore con durata maggiore o uguale a 12 mesi, non ci sono evidenze sulle terapie più efficaci. Le evidenze a supporto delle mobilizzazioni non sembrano forti come quelle a supporto delle manipolazioni nel dolore cronico di schiena. Le mobilizzazioni non sembrano avere maggiore efficacia rispetto ad altre attività fisiche.
Le linee guida EUROPEE raccomandano manipolazioni e mobilizzazioni per pazienti che soffrono di dolore cronico alla schiena. Nonostante questo le raccomandazioni che riguardano la terapia manuale continuano a mostrare variazioni a seconda dello stato o della regione.
Questa revisione conclude che le evidenze scientifiche sono influenzate dall'eterogeneità della popolazione in esame e dall'intervento effettuato, dagli obiettivi a lungo termine.

CONCLUSIONI
E' stata riportata una moderata evidenza che la manipolazione (es. il trust) può produrre una piccola/moderata riduzione del dolore comparato con altre attività ed esercizi. I trust sembrano inoltre ridurre la disabilità rispetto ad altri interventi. C'è inoltre una moderata evidenza che le mobilizzazioni (non trust)  abbiano minimi effetti comparati ad altre attività fisiche in termini di riduzione dell'intensità del dolore e delle disabilità.
Programmi multimodali sembrano essere valide opzioni di trattamento.


 Fonte:
Manipulation and mobilization for treating chronic low back pain: a systematic review and meta-analysis
Ian D. Coulter, PhDa,b,c,*, Cindy Crawford, BAa, Eric L. Hurwitz, DC, PhDa,d, Howard Vernon, DC, PhDa,e, Raheleh Khorsan, PhDf, Marika Suttorp Booth, Msa, Patricia M. Herman, ND, PhDa aRAND Corporation, 1776 Main St, Santa Monica, CA 90407-2138, USA bUCLA School of Dentistry, Box 951668, Los Angeles, CA 90095-1668, USA
cSouthern California University of Health Sciences, 16200 Amber Valley Dr, Whittier, CA 90604, USA dOffice of Public Health Studies, University of Hawai‘i, Ma¯noa, 1960 East-West Rd, Biomed D104AA, Honolulu, HI 96822, USA
eDivision of Research, Canadian Memorial Chiropractic College, 6100 Leslie St, Toronto, ON, Canada M2H 3J1
fUCI Department of Urban Planning and Public Policy, 300 Social Ecology I, Irvine, CA 92697-7075, USA

lunedì 12 marzo 2018

RIPARAZIONE CUFFIA DEI ROTATORI Motilità passiva precoce o tardiva?

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RIPARAZIONE ARTROSCOPICA DELLA CUFFIA DEI ROTATORI
Motilità passiva precoce o tardiva?

Con l'avanzamento della strumentistica chirurgica e dei nuovi studi, le tecniche “open” (maggiormente invasive) stanno lasciando spazio alle riparazione artroscopiche, che permettono, nella riparazione della cuffia dei rotatori un recupero più veloce e dei risultati estetici migliori.
Negli ultimi anni sono nate controversie sull'influenza mobilizzazione passiva precoce rispetto alla tardiva sulla rigidità e sulla percentuale di guarigione dopo riparazione della cuffia.

Tradizionalmente il protocollo di mobilizzazione precoce prevede una mobilizzazione passiva a partire dal 1 giorno postoperatorio, mentre il protocollo tardivo prevede un'immobilizzazione da 4 a 6 settimane post operatorie. In teoria il protocollo precoce previene la rigidità postoperatoria, l'atrofia muscolare, ma po' anche influenzare negativamente la guarigione del tendine.
A causa dei dati contrastanti è stato affrontato uno studio di analisi della letteratura per poter stabilire quale possa essere la strada migliore da intraprendere per la riabilitazione post intervento di cuffia dei rotatori.

Nella ricerca, il protocollo precoce prevedeva una presa in carico nelle prime due settimane.

Sulla base degli studi analizzati (RCT), la metaanalisi condotta ha riportato che il protocollo precoce permette un maggiore recupero del ROM (articolarità), ma può compromettere la funzionalità della spalla, ma tale dato dovrebbe essere supportato da una letteratura maggiore.
Per quanto riguarda il trattamento precoce esso sembra essere più efficace nel recupero della flessione e della rotazione esterna. Nel follow up a lungo termine sulla riparazione tendinea, poi, non ci sono differenze evidenti tra i due protocolli. I fattori che influenzano maggiormente la guarigione tendinei sembrano essere la grandezza della lesione, l'età del paziente, la tecnica chirurgica, la degenerazione e l'atrofia muscolare.
La percentuale di guarigione nel follow up a lungo termine non appare dipendente dal tipo di riabilitazione, ma il protocollo precoce potrebbe portare a tassi più bassi di guarigione dei tendini in spalle con lacerazioni tendinee di grandi dimensioni.



Fonte:The clinical effect of rehabilitation following arthroscopic rotator cuff repair. A meta-analysis of early versus delayed passive motion
Shuxiang Li, MD, Han Sun, MD, Xiaomin Luo, MD, Kun Wang, MD, Guofeng Wu, MD,

martedì 6 marzo 2018

PUBALGIA: QUALI ESERCIZI?

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PUBALGIA: QUALI ESERCIZI?

 


La pubalgia è un sintomo comune negli atleti, in particolare in quelli che svolgono sport in cui si deve calciare un pallone ed in cui si richiede continui cambi di direzione e velocità. La casistica sportiva nella letteratura internazionale riporta un’incidenza media nei vari sport dal 5 al 15% di tutti gli infortuni.
I calciatori, i tennisti e i rugbisti sono le vittime favorite di questa affezione, poiché i gesti tecnici sport specifici che costantemente effettuano e gli intensi carichi di lavoro procurano forti squilibri a livello del bacino con successive alterazioni funzionali.

Le lesioni a livello dell’anca sono frequenti nel calcio e i giocatori con bassa forza adduttoria sembrano essere a rischio di lesioni. Ecco un grande esercizio per aumentare la forza degli adduttori.


Gli adduttori dell’anca, che comprendono l’adduttore lungo, breve, grande, il pettineo ed il muscolo gracile, sono gruppi muscolari che agiscono sulla sinfisi pubica e disfunzioni di questi gruppi muscolari, con i rispettivi tendini possono essere responsabile di una sintomatologia dolorosa pubica.  L’adduttore lungo è il muscolo che maggiormente puà andare incontro a lesione.  Isolati infortuni all’inserzione del retto addominale si possono verificare, presentando un quadro clinico isolato o in concomitanza ad una lesione adduttoria (sindrome retto – adduttoria). I sintomi in questo caso sono esacerbati dall’esercizio  con un quadro clinico che spesso ci mostra punti di dolorabilità a livello del complesso aponevrosico prepubico o dolore alla contrazione degli adduttori. La risonanza magnetica rappresenta il GOLD STANDARD .  Il trattamento in questo caso degli adduttori e del retto, attraverso programmi di rinforzo muscolare gradualmente distribuito  è fondamentale.




Le lesioni muscolari degli hamstring (H, FLESSORI DEL GINOCCHIO) rappresentano il 16% circa degli infortuni nei calciatori amatoriali, con una conseguente assenza dalle competizioni e un elevato rischio di recidiva. Nei calciatori, la flessibilità degli H è spesso misurata per determinare il rischio di una lesione muscolare, ma l’eventuale relazione tra questo fattore di rischio potenzialmente modificabile e le lesioni di questi muscoli non è ancora chiara.
Attaverso un recente studio si è voluto indagare la relazione tra la flessibilità degli H e le lesioni muscolari di questi muscoli in 450 calciatori amatoriali.
Per misurare la flessibilità degli H, i calciatori inclusi nello studio hanno effettuato il sit-and-reach test (SRT) supervisionati da un componente dello staff medico della società di appartenenza. Il SRT è un test valido e affidabile per misurare la flessibilità degli H. Lo staff medico ha registrato inoltre le lesioni muscolare degli H nei 12 mesi successivi all’esecuzione del SRT.
Durante il periodo di studio, sono state riportate 23 lesioni muscolari degli H. L’analisi dei risultati non ha mostrato alcuna relazione significativa tra la flessibilità (misurata con il SRT) e le lesioni muscolari degli H. Il livello di significatività non è stato influenzato dai possibili fattori confondenti (età e lesioni muscolari precedenti).


I risultati di questo studio suggeriscono che la valutazione della flessibilità degli H non rappresenta una strategia per identificare i calciatori a rischio di una lesione muscolare.
Quanto alla prevenzione e/o recupero a seguito di un infortunio, un buon esercizio è rappresentato dal Nordic hamstring, il quale è risultato essere efficace nella prevenzione delle lesioni muscolari, MA è difficile da utilizzare durante le fasi riabilitative, in quanto richiede una produzione importante di forza. Inoltre, questo esercizio è effettuato con entrambi gli arti inferiori e l’arto sano potrebbe compensare l’arto infortunato. Ma, soprattutto, il Nordic hamstring non permette il rinforzo eccentrico in una posizione di allungamento muscolare, posizione nella quale si verificano la maggior parte delle lesioni muscolari. Durante la riabilitazione è quindi importante rinforzare gli hamstring in una posizione di allungamento, a livello sia del ginocchio sia dell’anca.

Per quanto riguarda la FORZAla debolezza degli hamstring è considerata un fattore di rischio modificabile. Per massimizzare la forza muscolare, processo che coinvolge aspetti neurali e muscolari, è raccomandato un allenamento con carichi del 60-70% della ripetizione massimale per gli atleti di livello basso/medio, mentre con carichi dell’80-100% per gli atleti di alto livello.
Gli esercizi dovrebbero essere eseguiti con una flessione di anca di circa 80°. Gli esercizi di rinforzo che includono una flessione di anca (ad esempio eccentric stiff-leg deadlift, eccentric single leg deadlifts, hamstring catapult, sprinter eccentric leg curl, eccentric loaded lunge drops, barbell leg curl, eccentric box drop) potrebbero essere più efficaci rispetto agli esercizi effettuati con una scarsa o senza flessione di anca (ad esempio, il Nordic hamstring exercise).
Tuttavia il Nordic Hamstring secondo uno studio può impedire il 70% di tutte le lesioni nuove e l’85% delle lesioni ricorrenti. È la cosa più vicina a un vaccino. Chiunque sia coinvolto in sport dove sono frequenti queste lesioni dovrebbero farlo

Gli esercizi unilaterali sembrano essere più specifici. Gli esercizi che prevedono una flessione di anca effettuati bilateralmente determinano un tilt posteriore del bacino, riducendo di conseguenza lo stress in elongazione degli hamstring.

Per quanto riguarda la FORZAla debolezza degli hamstring è considerata un fattore di rischio modificabile. Per massimizzare la forza muscolare, processo che coinvolge aspetti neurali e muscolari, è raccomandato un allenamento con carichi del 60-70% della ripetizione massimale per gli atleti di livello basso/medio, mentre con carichi dell’80-100% per gli atleti di alto livello.

Gli esercizi dovrebbero essere eseguiti con una flessione di anca di circa 80°. Gli esercizi di rinforzo che includono una flessione di anca (ad esempio eccentric stiff-leg deadlift, eccentric single leg deadlifts, hamstring catapult, sprinter eccentric leg curl, eccentric loaded lunge drops, barbell leg curl, eccentric box drop) potrebbero essere più efficaci rispetto agli esercizi effettuati con una scarsa o senza flessione di anca (ad esempio, il Nordic hamstring exercise).
Gli esercizi unilaterali sembrano essere più specifici. Gli esercizi che prevedono una flessione di anca effettuati bilateralmente determinano un tilt posteriore del bacino, riducendo di conseguenza lo stress in elongazione degli hamstring.


     Fonti·         Petersen J, Thorborg K, Nielsen MB, et al. Preventive effect of eccentric training on acute hamstring injuries in men’s soccer: a cluster-randomized controlled trial. Am J Sports Med 2011;39:2296–303. doi:10.1177/0363546511419277·         Fisiobrain·         Tyler TF, Schmitt BM, Nicholas SJ, McHugh M. Rehabilitation After Hamstring Strain Injury Emphasizing Eccentric Strengthening at Long Muscle Lengths: Results of Long Term Follow-up. J Sport Rehabil. 2015 Sep 9.http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26356045·         Guex K, Millet GP. Conceptual framework for strengthening exercises to prevent hamstring strains. Sports Med. 2013 Dec;43(12):1207-15.http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24062275·         Hamstring exercises for track and field athletes: injury and exercise biomechanics, and possible implications for exercise selection and primary prevention. Malliaropoulos N1, Mendiguchia JPehlivanidis HPapadopoulou SValle XMalliaras PMaffulli Nhttp://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22685125

      http://www.fisioterapia-massa.it/2017/06/




Dolore Cronico: un approccio basato sull’evidenza

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